Sono nato a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli,  in Via Mantiello n.14, il 12 di febbraio del 1941. Solo mia madre e mio padre si accorsero della mia nascita, perché gli altri dovevano badare alle bombe che cadevano giù dal cielo. Avevo  quasi cinque anni che la guerra finì.  Mentre  alcuni papà si sono arricchiti col mercato nero, mio padre si è impoverito perché regalava il latte alle  donne col marito morto al fronte o prigioniero, che dovevano sfamare i propri figli. Di questa povertà mi sono arricchito:mi sono arricchito dell’esempio e del messaggio di mio padre. Date e vi sarà dato… anche io, per quello che mi è stato possibile, ho dato e più ho dato più mi sono arricchito. La mia infanzia è trascorsa in mezzo alla strada e sui marciapiedi di Via Mantiello, nel quartiere popolare del Largo Fusco e dietro la Bricciatella. Allora la gente si voleva bene: un tozzo di pane non te lo negava nessuno. La gente usciva di casa e si incontrava in mezzo alle strade, sedeva su scanni sgangherati , ma talmente sgangherati che li potevano lasciare di notte sui marciapiedi che tanto nessuno li avrebbe mai rubati. A Castellammare di Stabia frequentai le elementari.  La maestra Immacolata manteneva una classe (solo maschile) di circa cinquanta alunni. Alla quarta elementare la maestra, una volta che non avevo portato i compiti, mi mise in castigo dietro la lavagna in ginocchio sui chicchi di granoturco. Li restai per oltre un’ora piangendo.  Allora avevo i calzoni corti.  Tornai a casa e mia madre disse che il giorno seguente sarebbe venuta a scuola per parlare con la maestra.  Di buon mattino la maestra, che era molto più alta di mia madre, si prese una ventina di schiaffi dalla mano destra della mia genitrice, mentre la sinistra le serviva per tenersi attaccata ai capelli della maestra. Da quel giorno la maestra non mi mise più in ginocchio sul granoturco, in compenso mi fece stare, ma solo qualche volta che non portavo i compiti, in piedi dietro la lavagna col cappello con sopra scritto asino. Il prete ci dava cinque arachidi ogni volta che andavamo al Catechismo.    Quelli che andavano in chiesa quasi tutti i pomeriggi per almeno un mese ricevevano anche un confetto con la mandorla dentro. La scuola durava dalle nove del mattino alle due di pomeriggio.  Le bambine uscivano un’ora prima perché così potevano correre alla loro casa prima di noi e quindi non essere importunate.  A noi maschietti non ce ne fregava proprio niente ma il prete diceva che così bisognava fare e la direttrice così faceva. Il 21 ottobre del 1951 mio padre con lo sciarabballo (voce araba che significa carretto) tirato da un cavallo, emigrò nel Cilento, per la precisione ad Agropoli, in Via S. Marco. Presso la stazione ferroviaria, in un negozio sulla strada, frequento la quinta elementare. La maestra si assentava di frequente ogni volta che  sentiva in stazione l’accelerato delle venti e cinquanta perché arrivava un venditore di biscotti di Castellammare che le faceva la corte.

Nel 1952 mi iscrivo alle scuole medie e qui le classi sono miste.

Nel 1955 ( mi pare) mi iscrivo alle scuole medie superiori e tutto fila liscio come l’olio.

Nel 1956, al quarto ginnasio, mi bocciano con sette in condotta perché assieme ad un mio amico avevamo messo un topo ( grandissimo!!!) dentro il cassetto della scrivania della professoressa di latino e greco.  Il mio amico non venne bocciato perché il padre aveva delle conoscenze…. Solo io fui bocciato, ma la soddisfazione di vedere la professoressa urlare fu grande.

Mio padre è contento che io studi anche oltre; i due fratelli più grandi di me non vanno oltre la terza media, solo il quarto si diploma al ragioneria di Battipaglia.

Nel 1957 mi iscrivo al liceo classico e lo scrivere diventa la mia passione.  Verso la fine dell’anno scolastico scrivo un tema su Giovanni Verga ed il Verismo lungo otto pagine.

Il professore dice che io l’ho copiato, io cerco di fargli capire che non l’ho copiato perché l’argomento mi interessava moltissimo.  Lui mi dice che sono un bugiardo ed io lo mando a quel paese. Sono bocciato un’altra volta.

Nel 1963, alla veneranda età di ventuno anni, conseguo la maturità classica e mi iscrivo alla facoltà di lettere moderne presso l’Università Federico  II° di Napoli.

E’ questo il periodo più turbolento della mia vita. 

Nel 1965 inizia il periodo della goliardia napoletana, delle matricole e dei papielli.  Futuri uomini politici e noti professionisti ottengono in cambio di una cena in una nota bettola in Piazzetta Nilo, sopra Via Mezzocannone, a Napoli, il lasciapassare per poter frequentare tranquillamente i corsi regolari in aule regolari. Per pagarmi gli studi lavoro nel caseificio di mio padre e, tra caciotte, ricotta e mozzarelle arrivo finalmente alla laurea.  Il fratello di mia moglie non appena mi vede di ritorno dalla seduta di laurea esclama:” Chi l’avrebbe mai detto che un giorno ti saresti laureato!!!” Mia madre, buonanima, disse: “ Ora i tuoi fratelli devono continuare a lavorare mentre tu potrai vivere di rendita.  Si vede che sei nato con la camicia.” Mio padre, buonanima, commosso, abbracciandomi disse: “ Ora anche io tengo un figlio professore!”Nel 1997 incontro la donna della mia vita: è la stessa che mi sta aspettando al piano di sopra e che mi sopporta da circa quaranta anni.  Tra l’altro ci amiamo pure! Per l’esattezza, nel 1968, dopo aver discusso col Chiarissimo professor Valerio Mariani, docente di storia dell’arte, una interessante tesi su “Origini artistiche del Duomo di San Matteo a Salerno: pittura, scultura ed architettura” conseguo, con risultati quasi soddisfacenti, la laurea in lettere moderne.

Nel 1969 mi iscrivo al corso di laurea in filosofia a Napoli, ma avendo ottenuto la cattedra di materie letterarie nella Scuola Media Statale di San Francesco al Campo, in provincia di Torino, mi trasferisco e qui mi iscrivo all’Università del capoluogo piemontese.

Nel 1970 mi sposo.  All’Hotel La Darsena di Via San Marco di Agropoli, ci sono cinquecentoventi invitati.  Quasi tutti sono repubblicani del PRI.  Ci sta pure un onorevole.

Non me ne frega proprio niente perché  mia moglie vestita da sposa è più bella della moglie dell’onorevole. Torno ad abitare a Torino.  Mi mancano solo tre esami per conseguire la seconda laurea ( ho già preparato una tesi di circa cinquecento pagine su “ Storia della Scuola Media in Italia dalla Legge Boncompagni ad oggi”) ma per motivi di salute devo interrompere gli studi.

Dal 1969 al 1983 insegno sempre nella stesso scuola.  Qui incontro un papà di una mia alunna, Mario Ballesio, che sarà per me come una guida spirituale, un fratello, un uomo dal cuore grandissimo, la persona più nobile che io abbia conosciuto in tutta la mia vita.

Sono andato in Piemonte per insegnare ed invece il genitore di una mia alunna mi insegna tante cose come il rispetto verso il prossimo, l’eguaglianza tra tutti i popoli, l’amore verso  gli altri, la fede, la fiducia nel proprio operato e l’amore nel donare. Tra l’altro era il Presidente dell’AVIS di San Francesco al Campo ed aveva fatto molte donazioni. Un grande uomo:un bellissimo ricordo.  A Torino frequento studi d’arte, corsi all’Università, convegni, dibattiti, conferenze e nel 1973 inizia la mia carriera di critico d’arte presso la Casa Editrice Italiana, la Casa Editrice Nazionale e la Galleria d’Arte “Art Center Club”.

Dal 1973 al 1983 incontro migliaia di artisti, partecipo in giurìe a noti concorsi d’arte, presento artisti a livello nazionale, sia durante le personali, che su vari periodici coi quali collaboro, recensendoli con scrupolo e perizia, conosco personaggi del mondo dell’arte, della cultura, della politica e…di altri ambienti”

Sono questi gli anni più belli e più attivi della mia vita.

Nel 1971 nasce il mio primo figlio, Carmine.

Nel 1974 nasce il secondogenito, Alfonso.

Nel 1983 ritorno ad Agropoli.

Nel 1984 insegno presso la Scuola Media Statale di Laureana Cilento.

Nel 1986 insegno  ad Ogliastro Cilento.

Nel 1987 insegno a Cicerale.

Nel 1989 insegno a Capaccio.

Nel 1993 abbandono la scuola.

Nel 1993 coi miei figli ancora giovinetti, fondo la NASTRO ANTICHITA’, una azienda che di mano in mano è cresciuta fino ad arrivare ai primi posti nel Cilento.

Collaboro bel campo del restauro e dell’antiquariato a tempo libero e per quello che consentono le mie forze.

Nel 1994, non avendo trovato terreno fertile, abbandono anche  non economicamente produttiva carriera di critico d’arte.

Nel tempo libero scrivo libri e collaboro con vari giornali locali.

Nel 2001, il sedici di agosto, vengo ricoverato presso la Casa di Cura POLIAMBULANZA di Brescia dove il restauratore viene restaurato con tre by pass.  Il dottore Gianni Troise, di Isernia, un grandissimo cardiochirurgo, mi sistema le budella e  mi permette di continuare a scrivere.   Degli Angeli, sotto le spoglie delle Suore Ancelle di Carità, trasformano il mio inferno in un paradiso.  Quando mi dimettono, quasi mi dispiace di ritornare a casa. Ma devo tornare per forza: la mia vita, il mio lavoro, la mia famiglia, il mio cane, il mio orticello, i miei amici, la vecchia chiesa, i luoghi della mia infanzia, mi aspettano. Grazie, dottor Gianni Troise.  Grazie a tutti i vostri preziosissimi collaboratori.

Nel 2002 divento nonno di una bella bambina che si chiama Rosanna come la nonna (la puntella); è questo l’avvenimento più bello di tutta la mia vita.

Nel 2003 molti organi del corpo di Catello Nastro incominciano a  scricchiolare.

Domani è un altro giorno!!!  Non ho nessuna intenzione di mollare.  Ho in programma tante di quelle cose che per realizzarle tutte non mi basterebbero cento anni. Comunque ringrazio Iddio Onnipotente per tutto quello che mi ha dato e che mi darà ancora.  In questa ultima parte della mia esistenza terrena, in quiete o in tempesta, ho avuto un grande faro, un grande riferimento, un grande esempio, un grande amico: si chiama Giovanni Paolo II°.